Investing.com - Il dollaro è stabile contro il paniere delle valute questo giovedì, i timori per le tensioni commerciali globali e il recente trambusto sui mercati emergenti supportano la domanda di valuta rifugio del biglietto verde.
L’indice del dollaro USA, che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, si attesta a 95,04 alle 03:25 ET (07:25 GMT), dopo aver chiuso in calo dello 0,33% ieri.
Il dollaro ieri è sceso infatti per via dell’impennata della sterlina, incoraggiata dalla notizia che sia il governo britannico che quello tedesco hanno ceduto su alcune richieste chiave per la Brexit.
La sterlina è pressoché invariata sulla giornata, con la coppia GBP/USD a 1,2900, dopo essere salita dello 0,45% ieri.
Gli investitori restano focalizzati sullo scontro commerciale USA-Cina, nei timori di un’imminente escalation.
Il Presidente USA Donald Trump potrebbe infatti introdurre dazi su altri 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi al termine del periodo di consultazioni pubbliche quest’oggi.
Gli investitori seguono anche gli sviluppi nelle trattative tra Stati Uniti e Canada per il superamento dell’Accordo nordamericano per il libero scambio e ci sono pochi segnali che siano vicini ad un accordo.
Il dollaro scende contro lo yen, con la coppia USD/JPY giù dello 0,16% a 111,35.
L’euro è in calo contro il biglietto verde, con il cambio EUR/USD giù dello 0,13% a 1,1616.
Il dollaro australiano, considerato un indicatore del rischio, si indebolisce, con la coppia AUD/USD che scende dello 0,29% a 0,7173, non lontano dal minimo di martedì di 0,7143, il livello più basso dal maggio 2016.
L’aussie non riesce a trovare supporto nonostante i dati della notte da cui è emerso che il surplus commerciale del paese è salito più del previsto a luglio.
Sui mercati emergenti, la lira turca e il peso argentino salgono contro la valuta statunitense dopo i recenti tonfi.
I mercati emergenti sono stati colpiti dai timori che l’inasprimento della politica monetaria USA possa fare pressione sui paesi che hanno ricevuto massicci prestiti in dollari negli ultimi anni e dall’apprensione che le loro economie, dipendenti dall’esportazione, possano essere danneggiate dagli scontri commerciali.