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Rendimenti Treasury stabili, policymaker valutano modi per migliorare liquidità

Pubblicato 01.06.2021, 12:02

Gli investitori dei bond si stanno concentrando sulla quantità degli acquisti di asset della Federal Reserve e sul possibile impatto della decisione della banca di ridurre questi acquisti, con la rimozione di un supporto ai prezzi e un possibile rialzo dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA.

I verbali del vertice di fine aprile del Federal Open Market Committee, tuttavia, hanno aperto un altro possibile cambiamento sul mercato per i Treasury: l’estensione permanente della Foreign and International Monetary Authorities (FIMA) Repo Facility, che attualmente ha scadenza a settembre.

L’operazione era stata introdotta alla fine del marzo 2020 per alleviare le pressioni alla vendita dalle banche centrali estere ed altre autorità monetarie accettando i Treasury per le operazioni repo, pronti contro termine, dando loro accesso alla liquidità senza dover vendere.

Nei verbali del FOMC si legge:

“Qualche partecipante ha notato che, se fosse stata in vigore un’operazione FIMA repo nel marzo 2020, probabilmente avrebbe ridotto significativamente le pressioni su questi mercati causate dall’improvviso bisogno di finanziamenti in dollari all’estero”.

Rendere l’operazione permanente potrebbe essere una buona idea, hanno concluso i policymaker.

“Nella loro discussione delle considerazioni relative all’introduzione di una FIMA repo facility permanente, la grande maggioranza dei partecipanti ha visto i potenziali benefici superare i costi”.

La Treasury Borrowing Advisory Committee ha compiuto un ulteriore passo in una presentazione il mese scorso, suggerendo uno strumento permanente per permettere ad un’ampia gamma di investitori statunitensi di stringere accordi repo con la Fed. Questo tipo di strumento consentirebbe ai gestori di soddisfare la domanda di liquidità in periodi di stress, alleviando al contempo le pressioni sui Treasury.

Un’altra idea che sta circolando è prevedere uno strumento di compensazione centrale per i Titoli del Tesoro. Quest’idea, portata avanti dall’economista di Stanford Darrell Duffie, ridurrebbe le limitazioni sul capitale sui gestori affiliati alle banche, consentendo loro di aumentare la fornitura di liquidità o di risparmiare sull’intermediazione.

Entrambe le idee sono tra quelle proposte in un documento di dicembre della Brookings Institution, coprodotto da Nellie Liang, storica policymaker della Fed che sta lavorando per un breve periodo alla Brookings in attesa di essere confermata sottosegretario del Tesoro alle finanze interne (il che la porterebbe ad occuparsi dei Titoli del Tesoro).

Si tratta di potenziali soluzioni per continuare a far funzionare bene il mercato dei Treasury, non solo in periodi di stress come l’arrivo della pandemia di COVID-19, ma in un mondo in cui gli USA si ritrovano a dover affrontare deficit da migliaia di miliardi di dollari per un decennio. E potrebbe diventare ancor più importante quando la Fed non supporterà più i prezzi con gli acquisti di asset.

C’è già stato il taper tantrum?

Il rendimento dei Buoni del Tesoro a 10 anni USA è sceso dopo la pubblicazione di venerdì dell’indice PCE, malgrado abbia rivelato un’inflazione leggermente superiore alle aspettative.

10-year Treasury 300 Minute Chart

Grafico su 300 minuti Treasury a 10 anni

Il rendimento è sceso a circa l’1,58% (i mercati USA sono rimasti chiusi ieri per celebrare il Memorial Day).

Alcuni analisti ipotizzano che il previsto taper tantrum sia già avvenuto, con l’impennata del rendimento decennale a circa l’1,75% a marzo. Altri sono meno ottimisti sui Treasury, notando che la domanda bancaria potrebbe ridursi con la riapertura dell’economia che offrirà più opportunità di prestito.

I funzionari della Fed cominciano a parlare di una riduzione degli acquisti di asset, nell’ambito della loro strategia di comunicazione per preparare gli investitori al lungo sentiero in discesa per ridurre il ritmo degli acquisti. Sembrano anche aver convinto gli investitori a non preoccuparsi dell’inflazione, anche se c’è un po’ di nervosismo ed arrivano avvertimenti da parte di oppositori di spicco.

Un recente avvertimento è arrivato da Thomas Jordan, capo della banca centrale elvetica, secondo cui la storia dimostra che l’inflazione, una volta andata fuori controllo, spesso richiede una recessione per ridimensionarla. Ha spiegato al Neue Zürcher Zeitung che si riferiva alla situazione in Svizzera, anche se il suo avvertimento è arrivato in risposta ad una domanda circa il fatto che la Fed tollera un’inflazione superiore all’obiettivo del 2%.

Per Jordan, tuttavia, e per la Svizzera, il 2% resta un tetto. “Definiamo la stabilità dei prezzi un incremento positivo dei prezzi al consumo al di sotto del 2%”, ha affermato. “Questa definizione ha superato la prova del tempo”.

 

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