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È davvero possibile battere l'MSCI World agendo sui suoi settori?

Pubblicato 10.05.2024, 19:49

L’indice MSCI World, probabilmente l’indice azionario globale più conosciuto, replica l’andamento delle aziende a grande e media capitalizzazione di 23 Paesi sviluppati. Dal suo lancio negli anni ’80, l’indice ha rappresentato lo zoccolo duro di molti portafogli, garantendo un’esposizione alle aziende più performanti del mondo, e apportando dinamicità in funzione del contesto economico globale del momento.
 
La sua costruzione “per capitalizzazione” lo rende esposto per oltre il 70% agli Stati Uniti, distorcendo così la rappresentazione dell’economia globale, dove il PIL USA è “solamente” il 26% del PIL globale.
 
Nonostante l’indice venga ribilanciato semestralmente, per sua natura è sempre implicitamente ribilanciato. Infatti, essendo market-cap weighted, nel corso dei decenni la sua composizione è sensibilmente variata. Basti pensare al secolo scorso, dove le prime 10 aziende dell’MSCI World erano prevalentemente concentrate sul settore industriale ed energetico.
 
Stando ai dati riportati da MSCI nel suo Index Factsheet, negli ultimi 10 anni l’indice ha restituito un rendimento annualizzato del 9.97%, contro una volatilità del 14.91%, ottenendo un indice di Sharpe pari a 0,64.  
 
Ciò che verrà verificato in questa analisi è se, scorporando l’indice nei suoi 11 settori secondo la classificazione GICS, sia possibile costruire un portafoglio di lungo periodo più efficiente in termini di rischio e a maggior rendimento atteso, che mantenga inoltre un’accettabile rappresentatività del benchmark.
 
Prima fase: analisi di forza relativa dei settori sul benchmark
 
Poiché negli ultimi anni le performance dell’indice sono state fortemente influenzate dall’andamento del solo settore tecnologico, l’analisi di forza relativa sul benchmark “puro” avrebbe evidenziato solamente questo settore come quello più performante.

Depurando invece l’MSCI World dall’andamento del settore Information Technology, i risultati su 10 anni sono stati sensibilmente più interessanti:
 
·       Information Technology (CAGR 19.17% - Vol. 19.06%)
·       Consumer Discretionary (CAGR 9.89% - Vol. 18.66%)
·       Healthcare (CAGR 9.28% - Vol. 13.33%)
·       Industrials (CAGR 8.40% - Vol. 17.14%)
·       Financials (CAGR 7.00% - Vol. 18.64%)
 
Questi 5 settori sono stati in grado di realizzare performance costantemente superiori al benchmark “modificato”, a discapito degli altri 6 che hanno dimostrato forza relativa perennemente inferiore o ciclica.
 
Seconda fase: analisi delle correlazioni

Dalla matrice di correlazione si scopre come tutti i settori siano correlati positivamente sia con il benchmark che tra di loro, ma si osservano comunque casi di correlazione inferiore da sfruttare per gestire la volatilità complessiva del portafoglio (si veda ad esempio il settore energetico con quello tecnologico).
 
Terza fase: backtesting e ottimizzazione
 
Una volta individuati i settori a maggior forza relativa (sector picking), è stato fondamentale eseguire dei backtest su serie storiche sufficientemente ampie ma coerenti all’attuale contesto globale, al fine di trovare la miglior asset allocation (sector allocation) in termini di rendimento e rischio.
 
Il backtest è stato eseguito su dati settimanali degli ultimi 8 anni, poiché per periodi meno recenti vi erano disponibili solamente indici Net Return, non pienamente rappresentativi delle performance per effetto dei settori a dividendi più elevati (vedi Financials, Real Estate, ecc…).
 
Dall’asset allocation salta immediatamente all’occhio la preponderanza del settore tecnologico come motore di performance. Tuttavia, si è cercato (per non giocare troppo facile) di mantenere il suo peso pari alla somma fra IT e Communication Services dell’MSCI World tradizionale (24% + 6%), considerando la massiccia presenza di azioni tech all’interno di quest’ultimo settore.

Il portafoglio, coerentemente alle precedenti analisi, risulta esposto quindi ai settori con maggior forza relativa rispetto al benchmark modificato, ovvero quei settori che negli ultimi 10 anni (ma in realtà sin dalla nascita degli indici) hanno avuto rendimenti più elevati, includendo anche due settori con forza relativa ciclica (Energy e Materials) ed escludendo i rimanenti quattro.

Come si evince dal grafico in sovraimpressione, l’andamento del portafoglio settoriale ha avuto un performance costantemente superiore al benchmark sia durante le fasi di rialzo, che durante le fasi di ribasso. Nel periodo analizzato, il portafoglio ha ottenuto un tasso annuo di crescita composta pari al 13.82% contro l’11.95% dell’MSCI World, e con uno Sharpe di 0,83 contro 0,78. In sostanza, il portafoglio ha creato maggior rendimento con maggiore efficienza in termini di rischio.

Anche da un’analisi rolling del tasso di crescita annua composta (purtroppo solo su 3 anni per effetto delle corte serie storiche) si nota l’over-performance costante del portafoglio settoriale. Il prezzo da pagare per questi risultati è, chiaramente, la maggior concentrazione su determinati settori. Tuttavia, come si vedrà nella tabella riassuntiva finale, il drawdown del portafoglio in alcune fasi è addirittura stato migliore rispetto al benchmark.

Riassumendo, tramite lo studio della forza relativa e tramite l’ottimizzazione di asset allocation, si è costruito un portafoglio in grado di 2 punti all’anno meglio dell’MSCI World, con parametri di rischio accettabili e complessivamente più efficienti. Chiaramente si sarebbero potuti ottenere risultati ben superiori, ma al costo di un’esposizione eccessiva ad alcuni settori dell’economia, discostandosi così dalla rappresentatività del benchmark.
 
N.B.: I backtest sono stati effettuati utilizzando gli ETF a gestione passiva disponibili su Borsa Italiana, che replicano gli indici settoriali globali MSCI.

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